Più di 150 prodotti chimici, definiti interferenti endocrini, possono influire sulla funzione tiroidea, a causa soprattutto della loro somiglianza strutturale con gli ormoni tiroidei (OT). La funzionalità della tiroide viene così influenzata a vari livelli: regolazione della sintesi degli OT, rilascio, trasporto, metabolismo ecc.

Gli interferenti endocrini sono presenti nell'ambiente (materiale edile, arredamento, impianti elettrici, elettrodomestici) e nei cosmetici, oltre a contaminare il cibo: è pertanto impossibile evitare l'esposizione a tali sostanze, ma è necessario ridurne l'uso e la diffusione.

nterferenti endocrini e funzione tiroidea

Perclorato, tiocianato, nitrati e isoflavoni

La tiroide è in grado di compensare parzialmente la presenza di tali agenti, il compenso è meno efficiente nel caso in cui si verifichi un deficit di iodio o di agenti gozzigeni naturali presenti nella dieta. Da questo punto di vista, i soggetti più vulnerabili sono la gravida e la puerpera, i feti in utero e i bambini, con potenziali effetti negativi sullo sviluppo neuro-intellettivo nel corso dei primi anni di vita.

La captazione di iodio da parte della tiroide viene ostacolata da perclorato, tiocianato e nitrati, per inibizione competitiva di NIS (sodium/iodide symporter). Il perclorato (derivato tra l’altro dai fertilizzanti) contamina le acque usate per l’irrigazione (e di conseguenza contamina il cibo); esso comporta un rischio soprattutto per le donne – nelle quali i livelli urinari elevati sono associati ad aumento del TSH sierico e a riduzione degli ormoni tiroidei – che possono trasmettere il perclorato ai figli attraverso il latte materno.

Gli isoflavoni (genisteina e coumestrolo) presenti nella soia, inoltre, possono inibire l’attività della TPO (tireoperossidasi); i bambini allattati con latte a base di soia hanno una doppia probabilità di sviluppare tiroidite autoimmune in adolescenza.

Ftalati, bisfenili policlorurati, difenil-eteri polibromurati e bisfenolo A

Altri agenti che interferiscono con la sintesi degli ormoni tiroidei sono ftalati, bisfenili policlorurati (PCB) e difenil-eteri polibromurati (PBDE) – che possono interferire anche con il rilascio degli OT – oltre a bisfenolo A (BPA).

Ftalati, PCB e diossine possono interferire con il trasporto degli OT mediante competizione con la T4 per il legame alle proteine di trasporto: è possibile che il ridotto legame degli ormoni tiroidei alle proteine di trasporto causi anche un aumento della clearance.

Un altro punto di interesse (finora poco studiato) è l’interferenza di alcuni agenti chimici con i sistemi di trasporto trans-membrana degli OT (MTC-8): PCB, diossine e BPA possono interferire con il metabolismo degli OT.

I bisfenili policlorurati (PCB) sono presenti nell'ambiente e nei tessuti umani (nonostante siano stati banditi negli anni ’70) e possono influenzare anche l’attività delle desiodasi; inoltre, poiché hanno una struttura molto simile a quella degli OT (due anelli fenilici) possono legarsi ai recettori degli OT e interferire con il loro signaling, agendo in alcuni casi come agonisti, ma in genere antagonizzando l’espressione di geni controllati dagli ormoni tiroidei. Questo meccanismo li rende in grado di causare ipotiroidismo, determinando effetti neurotossici, ototossici, alterazione dello sviluppo del cervelletto, riduzione del QI, della memoria di riconoscimento visivo e deficit motori e di attenzione.

difenil-eteri polibromurati (PBDE), ottenuti da prodotti industriali e di consumo, possono legare i recettori degli OT: alti livelli di queste sostanze nell'organismo sono stati associati a maggiore rischio di sviluppare tireopatie, soprattutto nelle donne in post-menopausa.

Il bisfenolo A (BPA) deriva da manifattura di plastiche policarbonate, resine epossidiche che rivestono le lattine per alimenti, sigillanti dentari; in forma alogenata è utilizzato per la produzione di agenti ignifughi usati nel trattamento di plastiche, tessuti e superfici (mobili), al fine di ritardare l’estensione di un incendio. Il BPA si lega al recettore per gli OT, antagonizzandone l’attivazione da T3 a concentrazioni dell’ordine di 10-6 M; aumenta, inoltre, l’interazione con i co-repressori del recettore nucleare degli OT. Il BPA viene prodotto in grande quantità e rilasciato nell’ambiente, si ritrova nel siero materno, nel liquido amniotico, nella placenta, nel siero da cordone ombelicale; un’esposizione a questa sostanza durante la fase dello sviluppo potrebbe indurre l’insorgenza di disordine da deficit di attenzione/iperattività.

Funzione tiroidea e interferenti endocrini

Lo studio degli effetti degli interferenti endocrini presenta diverse criticità:

  • Gli studi epidemiologici si limitano a fornire dati relativi a una possibile associazione, non consentendo però di stabilire un rapporto effettivo di causa-effetto.
  • I risultati degli studi condotti sugli animali non possono essere semplicemente estesi all’uomo; tali studi, inoltre, sono in genere eseguiti su animali adulti, i cui risultati potrebbero essere diversi se fossero eseguiti in altre fasi della vita (feto in utero, prime età della vita, pubertà).
  • Generalmente viene valutata la tossicità degli ED (livello di esposizione per il quale causano morte o inducono l’insorgenza di un tumore), mentre le problematiche possono essere anche di tipo diverso.
  • La diversa suscettibilità individuale o specifici fattori ambientali (ad esempio l’apporto di iodio) possono interferire con l’azione degli ED.
  • Sarebbe necessario identificare marcatori tissutali dell’azione degli ormoni tiroidei, al fine di valutare la capacità degli interferenti endocrini di interferire con l’azione ormonale.
  • Durante gli studi vengono testate singole molecole, mentre in genere l’esposizione interessa più molecole dello stesso tipo (con effetti sinergici o antagonistici) o di tipo diverso.