C'è grande interesse nell'individuare una cura per le patologie infiammatorie intestinali croniche (MICI), condizioni spesso debilitanti, che impattano negativamente sulla vita relazionale e sociale di chi ne soffre, e che possono evolvere anche in condizioni ben peggiori, come stenosi, fistole, ascessi o, addirittura, cancro. Malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa sono due delle patologie meglio definite, tra quelle incluse nelle MICI. Nel loro insieme, questa malattie negli ultimi 30 anni hanno visto crescere dell'85% la propria prevalenza, colpendo un po' di più le donne degli uomini. L'età di esordio si colloca tra i 15 e i 45 anni, ovvero in piena vita attiva... il che rende ancora più importante individuare una terapia efficace. Generalmente, tutte le MICI presentano un andamento altalenante, con fasi acute che si intervallano a periodi di remissione.

Non è ancora chiaro quale sia il meccanismo patogenetico che porta all'instaurarsi di queste patologie, che hanno comunque un andamento famigliare, senza poter essere definite genetiche. Tra i fattori predisponenti ci possono essere poi anche stati psicologici alterati, come la tendenza a soffrire di ansia e depressione. Sono sempre maggiori le evidenze che il microbiota intestinale abbia un ruolo prevalente nello sviluppo delle MICI. In un recente studio internazionale, pubblicato su “Cell”, gli autori hanno individuato in particolare un ceppo batterico che sembra associarsi alle riacutizzazioni di malattia: Klebsiella pneumoniae. Un ceppo, per di più, associato a una particolare resistenza agli antibiotici e a una specifica firma mobile, e osservato in circa il 40% dei 537 pazienti coinvolti. Gli autori hanno quindi prelevato parte di questi batteri per impiantarli nell'intestino di un modello animale, in particolare topi: come conseguenza, anche i topi si sono ammalati. Ciò supporta l'ipotesi che questo ceppo batterico sia in parte responsabile delle riacutizzazioni delle MICI, diventando un possibile target per individuare una cura. Data la resistenza agli antibiotici, occorre individuare una terapia differente. Più in generale, si cerca di evitare gli antibiotici nei pazienti con MICI, perché questi tendono ad alterare ulteriormente il già instabile equilibrio del loro microbiota intestinale.

I ricercatori hanno quindi individuato una via alternativa: utilizzare dei batteriofagi, ovvero dei virus capaci di colpire e uccidere i batteri in modo selettivo. Partendo da 41 fagi attivi contro K. pneumoniae gli autori hanno quindi studiato varie combinazioni, testandole sui topi; hanno così individuato 5 ceppi virali che, utilizzati insieme, riescono a ridurre la presenza di K. pneumoniae a livello intestinale, preservando gli altri batteri “buoni”. Il cocktail è risultato attivo nei topi malati, riducendo i sintomi da infiammazione intestinale, e sicuro ed efficace in un piccolo studio su volontari sani. Lo studio, pur necessitando di ulteriori conferme, offre comunque una nuova e interessante direzione allo sviluppo di farmaci contro le MICI, quantomeno per gestirne le riacutizzazioni.

 

Studio: Federici S, Kredo-Russo S, Valdés-Mas R, Kviatcovsky D, Weinstock E, Matiuhin Y, Silberberg Y, Atarashi K, Furuichi M, Oka A, Liu B, Fibelman M, Weiner IN, Khabra E, Cullin N, Ben-Yishai N, Inbar D, Ben-David H, Nicenboim J, Kowalsman N, Lieb W, Kario E, Cohen T, Geffen YF, Zelcbuch L, Cohen A, Rappo U, Gahali-Sass I, Golembo M, Lev V, Dori-Bachash M, Shapiro H, Moresi C, Cuevas-Sierra A, Mohapatra G, Kern L, Zheng D, Nobs SP, Suez J, Stettner N, Harmelin A, Zak N, Puttagunta S, Bassan M, Honda K, Sokol H, Bang C, Franke A, Schramm C, Maharshak N, Sartor RB, Sorek R, Elinav E. Targeted suppression of human IBD-associated gut microbiota commensals by phage consortia for treatment of intestinal inflammation. Cell. 2022 Aug 4;185(16):2879-2898.e24. doi: 10.1016/j.cell.2022.07.003. Epub 2022 Aug 4. PMID: 35931020.