Effetti dell’estratto di maqui sul metabolismo del glucosio

Gli studi sull’effetto degli estratti di maqui sul metabolismo del glucosio suggeriscono che possa candidarsi come nutraceutico per la prevenzione del diabete. Nuove analisi di biologia molecolare gettano luce anche sul meccanismo di azione

4800

Il maqui è un arbusto sempreverde originario del Cile. Si tratta di una pianta della famiglia delle Elaeocarpaceae: Aristotelia Chilensis, che produce bacche blu scuro delle dimensioni di un’oliva. Le bacche sono la parte della pianta più ricca di polifenoli, più precisamente antocianine a cui devono la caratteristica colorazione.

La proprietà antiossidanti dei fenoli e il loro effetto positivo su stress ossidativo e infiammazione sono stati oggetto di innumerevoli studi negli ultimi anni. I polifenoli sono infatti presenti in molti frutti e bacche di diverse specie ampiamente diffuse geograficamente come rosacee, pruniacee ecc.

Secondo i test ed il database del Dipartimento dell’agricoltura statunitense, il maqui ha un indice Oxygen Radical Absorbance Capacity (ORAC) – capacità di assorbimento dei radicali liberi - molto superiore alle più conosciute bacche di goji e acai.

Il maqui contiene anche vitamina C, ferro, calcio, potassio e soprattutto delfinidina che arriva a coprire il 70% degli antociani contenuti negli estratti. A differenza di altri polifenoli, gli antociani sono idrosolubili e questo rende la delfinidina particolarmente promettente dal punto di vista nutraceutico.

Le proprietà degli estratti di maqui sono state documentate da diversi studi che hanno evidenziato i suoi effetti: positivo sul metabolismo dei lipidi, protettivo del sistema cardiovascolare, regolatore della flora intestinale e benefico contro il photo-aging.

Fra gli sviluppi più recenti e interessanti si annoverano i risultati di vari studi relativi agli effetti positivi sul metabolismo del glucosio, specie in considerazione dell’imponente sviluppo del numero di pazienti affetti da diabete - anche nei paesi in via di sviluppo - e delle preoccupanti proiezioni epidemiologiche della patologia.

Lo studio Delphinol® standardized maqui berry extract significantly lowers blood glucose and improves blood lipid profile in prediabetic individuals in three-months clinical trials  è fra i più recenti e interessanti a questo proposito. Si concentra infatti su soggetti in fase pre diabetica naive a qualsiasi assunzione di farmaci per il controllo del metabolismo del glucosio, evidenziando le potenzialità prettamente preventive del maqui.

Il trial, aperto prospettico condotto su 31 soggetti sani ad eccezione della condizione pre diabetica, prevedeva la somministrazione quotidiana di estratto di maqui, più precisamente delphinol - un estratto titolato e brevettato - 180 mg, ed era volto a dimostrare che un trattamento in fase precoce con un prodotto assolutamente naturale, unito ad uno stile di vita corretto, fosse in grado di arrestare la progressione della patologia.
Alcuni dei pazienti reclutati (20 donne ed 11 uomini), sebbene non fossero in situazioni tali da richiedere una terapia, presentavano condizioni di sovrappeso ed obesità lieve, alterazioni dei trigliceridi e dei valori pressori. Tutti erano affetti da iperglicemia moderata con HbA1c fra 5,0 e 7,6.
I pazienti sono stati sottoposti a misurazioni mensili dell’emoglobina glicata e della curva glicemica e del profilo lipidico.
I risultati delle misurazioni riportati nello studio evidenziano un miglioramento della HbA1c già dopo i primi trenta giorni, con una diminuzione a 90 giorni da una media di 5,65% - al momento del reclutamento -  a 5,35%  a fine delle osservazioni.

Anche il profilo lipidico era significativamente migliorato in tutti i soggetti, in linea con i risultati dei numerosi studi precedenti sugli antociani,  incluso un trial in doppio cieco verso placebo con misurazione dei biomarker da stress ossidativo.

Malgrado gli effetti su soggetti sani, prediabetici e diabetici siano ben documentati, il loro meccanismo di azione è più difficile da determinare a causa delle scarse biodisponibilità e assorbimento intestinale. Uno studio molto recente di biologia molecolare ha gettato ottime basi per far luce su questo punto, ipotizzando che il recettore di acidi grassi liberi 1 (FFA1 o GPR40) sia coinvolto nella inibizione da parte della delfinidina dell’assorbimento intestinale del glucosio. La delfinidina, inoltre, dimostra di avere effetti positivi sulla SGLT1.
Questi risultati, che ne chiariscono i meccanismi di azione, sono assai utili per definire lo sviluppo concreto di nuove strategie di prevenzione e trattamento del diabete di tipo 2 attraverso gli estratti di maqui.