La carenza di fattori antinfiammatori e antiossidanti potrebbe spiegare stanchezza, mal di testa, depressione, alterazione di gusto e olfatto, scarso appetito a lungo termine o cronico, avvertiti dai bambini affetti da Long-Covid. Secondo un recente studio dell’Università di Verona, pubblicato su Biomolecules, gli effetti collaterali e a lungo termine indotti da Sars-Cov-2, potrebbero essere alleviati e contrastati dall’uso di integratori a base di vitamine e di elementi essenziali quali magnesio, zinco e selenio


Lo sviluppo di Long-Covid, secondo i ricercatori veneti sarebbe favorito da diversi fattori: la predisposizione genetica e la carenza di sostanze antinfiammatorie/antiossidanti, introdotte con l’alimentazione, che dimiuirebbero il potenziale immunomodulatorio e la possibile attività antivirale dell’organismo. Dunque potrebbe essere sufficiente correggere l’apporto dietetico per ridurre il rischio di infezione più severe (in via preventiva) e di sviluppo di sintomi a lungo termine nel post-malattia. Di particolare rilevanza per questo obiettivo, sembrano essere un pool di vitamine - nello specifico la vitamina D e del gruppo B – e una serie di elementi essenziali, come magnesio, zinco e selenio. L'integrazione di queste sostanze sembrerebbe in grado di prevenire ulteriori danni al tessuto e di modificare favorevolmente il microbioma intestinale. Nel corso della pandemia è stato infatti osservato il ruolo cave di queste due sostanze: da un lato la carenza di vitamina D favoriva lo sviluppo di forme più severe di COIVID-19, dall’altro la carenza di zinco, soprattutto se combinata con un deficit di selenio, aumentava il rischio di complicanze. Ancora, bassi livelli di magnesio si accompagnavano a molte comorbidità, aumentando ad esempio lo stato infiammatori, mentre livelli di magnesio più elevati nel sangue al momento del ricovero, sembravano favorire la sopravvivenza in pazienti con infezioni gravi.

Le vitamine

Vitamina D e vitamine del gruppo B: sono quelle che più di altre sembrano avere un ruolo importante, non solo nella normale funzionalità organica, ma anche nei confronti di Covid. Nello specifico le vitamine del gruppo B, coinvolte nel metabolismo, nella sintesi di acidi nucleici e proteine, nei processi di immunoregolazione come cofattori per molti enzimi, svolgerebbero anche attività antiossidante e di regolazione del pathway infiammatorio. Entrando nel dettaglio: il deficit di tiamina (vitamina B1) sarebbe causa di neuropatia e neuroinfiammazione, la riduzione di vitamina B6, nella sua forma attiva, promuoverebbe l'infiammazione, la cobalamina (vitamina B12), un importante antiossidante, svolgerebbe un ruolo di spazzino nel rimuovere le specie reattive dell'ossigeno dai tessuti e di regolatore dei livelli di citochine. La vitamina D, invece, sarebbe in grado di modulare la risposta immunitaria e di ridurre il rischio di infezione quando presente in adeguati livelli nel plasma, con un potenziale effetto protettivo verso possibili ulteriori danni ai polmoni ed endoteliale in pazienti ricoverati a favore della riduzione della mortalità da Covid-19; da cui la necessità, secondo i ricercatori italiani, di una sua integrazione preferibilmente quotidiana piuttosto che mensile. Infine vitamina E e C svolgerebbero entrambe azione antiossidante e metabolica, in particolare la vitamina C, se deficitaria, sarebbe coinvolta nell'immunità e nell’insorgenza di stanchezza, dolore e annebbiamento cerebrale.

Elementi essenziali

Magnesio, zinco e selenio: ciascuno sembra avere avuto un ruolo nel contesto dell’infezione da Covid-19. In particolare: il magnesio, contribuendo al buon funzionamento dell’attività cardiaca e del tono vascolare, sembrerebbe in grado di prevenire vasocostrizione e formazione di coaguli di sangue, mentre la carenza potrebbe stimolare stanchezza e dolori muscolari associati al Long-Covid. Non è escluso anche un possibile impatto sulla biodisponibilità e attività della vitamina D. Infine, l’integrazione di magnesio, combinata a selenio e coenzima Q10, potrebbe migliorare la funzionalità della tiroide: un fattore non trascurabile stante che le tiroiditi sono denunciate fra le possibili conseguenze di Long-Covid. Il selenio, dal lato suo, aiuterebbe a prevenire le risposte iper-infiammatorie associate all'infezione e a contrastare l'insorgenza di mutazioni virali. L’integrazione, oltre che ad essere potenzialmente importante per la tiroide, sembrerebbe benefica anche a livello intestinale e per la salute mentale. In ultimo lo zinco, importante per fattori di trascrizione ed enzimi, favorirebbe la riduzione dei livelli di stress ossidativo, modulerebbe l'immunità promuovendo la formazione di cellule T e B. Un suo deficit, infatti, sembra associarsi a malattia autoimmune e disfunzione endoteliale, come anche all’aumento del numero di cellule T-helper, fattori predisponenti per l'infiammazione.

Fonte

  • Piazza M, Di Cicco M, Pecoraro L et al. Long COVID-19 in Children: From the Pathogenesis to the Biologically Plausible Roots of the Syndrome. Biomolecules, 2022, 12(4), 556. Doi: https://doi.org/10.3390/biom12040556