Almeno dieci anni di vita in più. È il tempo che offre il consumo di una dieta a prevalenza vegetale, se cominciata fin dalla prima infanzia, con esiti positivi, sebbene più contenuti in termini di aspettative di vita, quando introdotta e perseguita in età più avanzata. Sono le stime emerse da uno studio del Dipartimento di salute pubblica e cure primarie dell'Università di Bergen in Norvegia, pubblicato su PLOS Medicine.

I cibi contano

Quanto e come impattano frutta, verdura, cereali integrali, cereali raffinati, noci, legumi, pesce, uova, latte e latticini, carne rossa, carne lavorata e bevande zuccherate sulla longevità? Sensibilmente e in modo differente anche in relazione al tempo di assunzione. Lo hanno meglio compreso (e reso noto) alcuni ricercatori nordici dopo aver analizzato e sfruttato i dati dello studio Global Burden of Disease per costruire uno specifico strumento di misurazione. Ovvero TheHealthy4Life, un algoritmo che ha consentito di stimate lo stato di salute in precisi identikit di consumatori. I ricercatori hanno infatti profilato due tipologie di mangiatori. Il primo è l’"ottimale", che predilige una dieta a base di cereali integrali, legumi, pesce, frutta, verdura, compreso una manciata di noci, riducendo l’apporto di carni rosse e lavorate, bevande zuccherate e cereali raffinati, in linea generale di alimenti trasformati. All’opposto il consumatore di una dieta di fattibilità, a metà strada fra la dieta ottimale e una tipica occidentale.

I risultati dello studio

È intuibile che le evidenze siano a favore della dieta a prevalenza vegetale, ma la sua efficacia è condizionata dal momento dell’assunzione. Le stime attesterebbero che chi segue una dieta ‘ottimale’ dall'età di 20 anni, o comunque vira quanto prima verso questo stile alimentare, si garantisce una aspettativa di vita superiore di 10,7 anni per le donne e 13 anni per gli uomini, soprattutto se i consumi si orientano maggiormente verso, nell’ordine, legumi, cereali integrali e noci, a fronte di una riduzione delle carni rosse e lavorate, e senza tener conto delle carni bianche e delle uova. Se il passaggio a una dieta ‘veg’ avviene intorno ai 60 anni circa, le aspettative di vita, per quanto buone, scenderebbero a 8.0 anni in più per le donne e 8,8 anni per gli uomini; infine, si avrebbe un guadagno di 3,4 anni se la dieta ottimale viene iniziata a 80 anni. Come a dire che per mettersi sulla buona strada si fa sempre a tempo e vale sempre la pena. Mentre, in caso di passaggio dalla dieta tipica a quella di fattibilità, ovvero adottando un approccio equilibrato a partire dai 20 anni, le donne aumenterebbero le aspettative di vita di 6,2 anni e gli uomini di 7.3 anni. Utilizzando NutriGrade la qualità complessiva delle prove è stata valutata come moderata, la metodologia infatti fornisce stime della popolazione in base a determinate ipotesi e non va interpretata come previsione individualizzata. Inoltre occorre considerare alcuni limiti dello studio che non ha preso in considerazione: la valutazione del tempo necessario a ottenere effetti completi; l’impatto di specifici alimenti quali uova, carne bianca e oli; le variazioni individuali dei fattori protettivi e di rischio; le incertezze sullo sviluppo futuro di cure mediche; i cambiamenti nello stile di vita.

Nonostante gli autori riconoscano i gap della propria indagine, sottolineano anche che «una modifica prolungata dell'alimentazione può dare sostanziali benefici nello stato di salute a persone di tutte le età, con risultati tanto migliori quanto prima si inizia». Concludono dicendo che l’algoritmo Food4HealthyLife prodotto, potrebbe essere utile per medici, decisori politici e semplici cittadini per comprendere l'impatto sulla salute delle scelte dietetiche.

Fonti:

  • Fadnes LT, Økland JM, Haaland ØA et al. "Estimating impact of food choices on life expectancy: A modeling study". PLOS Medicine 2022. Doi: https://doi.org/10.1371/journal.pmed.1003889