Recentemente, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato il rapporto "Microplastics in Drinking Water", nel quale si acclara la presenza di microparticelle di materiali plastici nell'acqua potabile. I dati scientifici sono ancora troppo limitati per eseguire una valutazione del rischio adeguata: l'Organizzazione ribadisce tuttavia l'urgenza di effettuare una valutazione approfondita della presenza di microplastiche nell'acqua e del rischio effettivo che esse possono comportare per la nostra salute.

Oltre che nell'acqua, la presenza di microplastiche è stata individuata nelle bustine di alcuni tipi di tè, nello specifico i filtri realizzati in nylonpolietilene tereftalato (Pet). In genere le bustine sono realizzate in carta, cui viene aggiunta una ridotta quantità di palstica per sigillarle; diversi produttori, tuttavia, hanno iniziato a realizzare involucri con una quantità sempre maggiore di plastica.

Pubblicato sulle pagine di Enviromental Science and Technology, lo studio ha voluto verificare quli fossero le sostanze rilasciate da tali filtri a contatto con acqua ad elevata temperatura.

Dopo aver acquistato 4 diversi tè confezionati in involucri di nylon o Pet, i ricercatori hanno svuotato i filtri, lavandoli e asciugandoli; le bustine così trattate sono state poi immerse in acqua a 95 °C (la temperatura raggiunta dall'acqua nella preparazione del tè).

L'acqua ottenuta dall'infusione è stata poi filtrata e, mediante spettroscopia a infrarossi, sono stati analizzati i detriti in essa contenuti: dall'analisi è emerso che in media ciascuna bustina rilasciava nell'acqua 11,6 miliardi di microparticcelle di plastica (con un diametro superiore ai 100 nanometri) e 3,1 miliardi di nanoparticelle di plastica (con un diametro inferiore ai 100 nanometri).

I livelli rilevati sono di molto superiori a quelli identificati in altri alimenti. La ricercatrice Laura Hernandez si dice sorpresa della discrepanza di tali risultati con quelli rilevati, ad esempio, nell'acqua in bottiglia. In parte, spiega, potrebbe essere imputabile al fatto che in questo studio ci si è concentrati sulle particelle più piccole; inoltre, in questo caso specifico la plastica analizzata è stata sottoposta a particolari alterazioni indotte dall'acqua bollente, a differenza di altri studi che hanno studiato acqua a temperatura ambiente.

Al fine di verificare l'effetto biologico di tali residui, i ricercatori hanno utilizzato la Daphnia magna (cosiddetta pulce d'acqua), un piccolo crostaceo marino planctonico spesso utilizzato negli studi di monitoraggio ambientale: gli organismi trattati con diversi livelli di micro- e nanoplastiche sono sopravvissuti, ma hanno evidenziato anomalie comportamentali e anatomiche.

"In generale, i consumatori dovrebbero evitare di consumare tè contenuti in bustine di plastica", afferma la dott.ssa Laura Hernandez "è invece da incoraggiare il consumo di tè in bustine di carta o sfuso in foglie". "Non c'è davvero bisogno di confezionare i filtri per il tè in bustine di palstica" – continua la ricercatrice – "che costituiscono tra l'altro confezioni di plastica monouso, che contribuiscono a incrementare l'inquinamento ambientale".

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