Il ruolo delle fibre alimentari nel ridurre la mortalità per malattie cardiovascolari nella popolazione generale è ben documentato e riconosciuto, tanto che la stessa Organizzazione mondiale della sanità invita caldamente all'uso di cereali integrali, semi oleosi, frutta e verdura come ingredienti principali della propria dieta.

Le linee guida di Europa e USA suggeriscono un'assunzione giornaliera di 30-35 g/die per gli uomini e di 25-32 g/giorno per le donne. I Paesi asiatici puntano su dosi minori, forse perché la loro alimentazione tradizionale è mediamente più ricca in frutta e verdura. Ecco allora che la Società di Nutrizione Coreana suggerisce una dose giornaliera di 25 g per gli uomini e 20 per le donne, indipendentemente dall'età. Lo stesso vale per la Cina, mentre in Giappone si scende a 21 g per gli uomini e 18 per le donne. Spostandosi ancora più a est, in India, le dosi consigliate tornano ad aumentare, arrivando a 40 gr al giorno per uomini e donne.

Un recente studio di coorte prospettico, coreano ("Association of Dietary Fiber Intake with All-Cause Mortality and Cardiovascular Disease Mortality: A 10-Year Prospective Cohort Study"), ha voluto analizzare l'impatto delle fibre alimentari sulla mortalità generale, oltre che su quella per malattia cardiocircolatoria, nella popolazione coreana, valutandola poi anche in una sottocategoria formata da pazienti con disturbi cronici, come ipertensione, diabete e dislipidemia. Ci si chiede, quindi, se oltre a proteggere i soggetti sani dall'ammalarsi, le fibre possano anche rallentare l'evolvere di patologie croniche pre-esistenti.

143,050 i soggetti coinvolti, tra i quali 24,407 con ipertensione, 10,364 con diabete e 81,219 con dislipidemia. Ognuno ha compilato un apposito questionario per stabilirne le abitudini alimentari, in termini di qualità degli alimenti e frequenza di assunzione. Partendo dal questionario, gli autori hanno calcolato la quantità di fibre assunte da ognuno dei partecipanti. Hanno così potuto osservare che una maggiore assunzione di fibre alimentari si associa con livelli inferiori di glucosio e trigliceridi nel sangue, oltre che con un BMI più alto, una maggiore circoferenza addominale e livelli maggiori di colesterolo HDL.

Possibile tracciare anche un identikit di chi mangia più fibre in Asia: si tratta di persone che svolgono una regolare attività fisica e di norma vivono le aeree urbane. Inoltre, si è visto che gli anziani, gli uomini e i fumatori spesso assumono meno fibre. Gli autori hanno tenuto a precisare che, data la qualità dei test di partenza, il consumo di fibre potrebbe essere sottostimato, o comunque ci potrebbero essere bias: una limitazione che influenza in parte i risultati.

Lo studio intendeva però indagare anche se mangiare più fibre può ridurre il rischio di mortalità: conferme arrivano anche per la popolazione asiatica. Un maggior intake di fibre si associa infatti a un minor tasso di morte, in generale e per malattie cardiovascolari in particolare.

Per quanto concerne la sottopopolazione con malattia cronica, i risultati ottenuti suggeriscono che l'assunzione di fibre alimentari diminuisca il rischio di morte nei pazienti con ipertensione e dislipidemia, e quello di morte per malattia cardiovascolare nei pazienti con diabete e dislipidemia. Quantomeno, un cambio alimentare in favore di un maggior consumo di fibre dovrebbe essere suggerito ai pazienti con ipertensione, dislipidemia e diabete.

Fonte:

  • Kwon, Y.-J.; Lee, H.-S.; Park, G.; Kim, H.-M.; Lee, J.-W. Association of Dietary Fiber Intake with All-Cause Mortality and Cardiovascular Disease Mortality: A 10-Year Prospective Cohort Study. Nutrients 2022, 14, 3089.