Il consumo di probiotici, strategia nutrizionale a basso costo, potrebbe contribuire a ridurre il rischio di declino cognitivo, confermando dunque la relazione intestino-cervello. I benefici sarebbero evidenti in diversi contesti clinici: in giovani e adulti di mezza età con funzione cognitiva compromessa, in soggetti anziani migliorando soprattutto le abilità mnemoniche. Scarso, invece, l’impatto sulla popolazione infantile e pediatrica. Sono i risultati di uno studio dell’Università di Reading, in Inghilterra, pubblicati su Neuroscience & Biobehavioral Reviews.

Lo studio

È di ampia portata e volto a valutare i possibili effetti del consumo di probiotici, in caso di malattie neurodegenerative o con implicazione neurologica. I ricercatori hanno infatti effettuato una revisione sistematica su trenta lavori selezionati dalla letteratura, condotti sull’uomo, in diverse fasce di popolazione, che hanno fatto uso di almeno un ceppo probiotico vivo, prendendo in considerazione almeno un indicatore di abilità cognitiva: memoria, capacità di attenzione/concentrazione, funzione esecutiva finalizzata al raggiungimento di un obiettivo.

Le evidenze

Il lavoro riporta i risultati di efficacia, più o meno importanti, suddivisi per popolazione. In età pediatrica, comprendente neonati e bambini, l’uso/integrazione di probiotici non è supportata da sensibili benefici. In particolare, in tre studi la somministrazione di L. reuteri, L. acidophilus e B. infantis, S. thermophilus e B. lactis a bambini nati prematuramente, con peso molto basso alla nascita, sino alle dimissioni dall'ospedale e successivamente seguiti per periodi variabili da 18 mesi a 5 anni, non ha fatto osservare benefici sullo sviluppo cognitivo. Simili risultati sono stati ottenuti dalla somministrazione di L. rhamnosus/B. animalis e B.longum/L.rhamonos in due studi su neonati a termine.

In età adulta, i vantaggi variano a seconda delle patologie considerate. Entrando nel dettaglio:

  • in caso di soggetti con encefalopatia epatica, una complicanza della cirrosi che può causare compromissione della memoria e delle funzioni cognitive, la supplementazione con probiotici per due mesi avrebbe favorito, in quattro studi, un miglioramento significativo già dopo 30 giorni dalla somministrazione sui diversi indicatori considerati. Mentre in due altri studi, pazienti con cirrosi senza encefalopatia epatica avrebbero tratto benefico in termini di performance cognitive migliorate già dopo 8-12 settimane dalla somministrazione;
  • pazienti Hiv-positivi trattati per sei mesi con un probiotico multiceppo contenente L. plantarum, S. thermophilus, B. breve, L. paracasei, L. delbrueckii subsp. bulgaricus, L. acidophilus, B. longum e B. infantis avrebbe ricevuto, in uno studio pilota, miglioramenti significativi nei test mnemonici e di fluidità verbale. Le evidenze sarebbero state confermate anche da un successivo trial controllato vs placebo, non randomizzato;
    o in caso di persone affette da fibromialgia, l’assunzione per 8 settimane di un multiceppo con L. rhamnosus GG, L. casei, L. acidophilus e B. bifidus, apporterebbe benefici a comportamenti su base impulsiva;
  • in presenza di sindrome da stanchezza cronica, la somministrazione per quattro settimane di probiotici con L. rhamnosus, B. lactis, B. breve e B. longum, in associazione a un antibiotico (eritromicina) avrebbe favorito un miglioramento delle performance mnemoniche, di attenzione, velocità di elaborazione del pensiero e scioltezza verbale;
    o in caso di depressione, otto settimane di probiotico (L. plantarum) combinato a un antidepressivo avrebbe favorito la memoria a breve termine e la ricerca visiva in soggetti con depressione maggiore rispetto ai controlli trattati solo con il farmaco;
  • in soggetti adulti sani non si evidenzierebbero benefici dall’utilizzo di probiotici.

Nella popolazione anziana si osserverebbero benefici dall’assunzione di probiotici. In particolare:

  • in soggetti affetti da deterioramento cognitivo lieve, tre studi farebbero rilevare benefici dalla supplementazione di probiotici. Mentre in uno studio pilota, l’assunzione di probiotici (B. breve) per 24 settimane avrebbe migliorato i punteggi del Mini-mental state examination (Mmse), tuttavia lo stesso studio allargato e con gruppo placebo di controllo, non avrebbe fatto rilevare differenze a 12 settimane nei due bracci;
  • nella malattia di Alzheimer, due studi mostrerebbero che l’assunzione rispettivamente di probiotici con L. acidophilus, L. casei, Lactobacillus fermentum e Bifidobacterium bifidum, o probiotici contenenti L. acidophilus, B. bifidum e B. longum per 12 settimane apporta miglioramenti nei punteggi Mmse. Di contro, un terzo studio che ha utilizzato un altro test di valutazione, non avrebbe fatto riscontrare effetti significativi;
  • in anziani sani, un primo studio in cui si è ricorso a una supplementazione con probiotici con L. helveticus, avrebbe dimostrato un miglioramento significativo di alcune funzioni cognitive, un secondo la supplementazione con B. longum, B. infantis e B. breve non avrebbe dato gli stessi risultati.

Benché i dati ottenuti siano promettenti, per confermare l’efficacia dei probiotici nel migliorare e ritardare il declino cognitivo, sarà necessario avviare ulteriori trial clinici controllati, mirati alle prestazioni cognitive e all’identificazione delle popolazioni che se ne possono efficacemente avvantaggiare con i migliori benefici.

Fonte:

  • Eastwood J, Walton G, Van Hemert S et al. "The effect of probiotics on cognitive function across the human lifespan: A systematic review". Neuroscience & Biobehavioral Reviews, 2021, 128:311-327. https://doi.org/10.1016/j.neubiorev.2021.06.032