Tra le funzioni essenziali del sangue vi è il trasporto di ossigeno ai tessuti e alle cellule del corpo, funzione compiuta dai globuli rossi e, in particolare, dai quattro gruppi “eme” che caratterizzano l'emoglobina, la proteina di cui sono ricchi. L'ossigeno di lega, nel dettaglio, all'atomo di Ferro presente in ogni gruppo eme: ecco perché il ferro è un microelemento essenziale per la nostra salute.

Mediamente ognuno di noi dovrebbe avere dai 3,9 ai 6 milioni di globuli rossi per ogni mL di sangue, a seconda che sia uomo o donna. Per la precisione, questo valore nell'uomo può variare dai 4,4 ai 6 milioni per mL e nella donna dai 3,9 ai 5,3 milioni per mL. Quando il numero di globuli rossi risulta insufficiente, o ancora quando queste cellule specializzate sono più piccole della norma o presentano delle deformità, si instaura una situazione di anemia: il sangue non è più in grado di assicurare il giusto apporto di ossigeno a tutte le cellule e i tessuti del corpo. Il soggetto si sente quindi stanco e fatica a svolgere tutte le proprie attività.

Tante le possibili cause di questa condizione, comprese alcune di natura genetica. Una delle più frequenti è però la carenza di ferro, che determina per il corpo l'impossibilità di produrre la quantità di globuli rossi necessaria al corpo. Esistono soggetti più esposti a questa carenza: chi manca di vitamina B12 o acido folico, per esempio, chi ha disturbi intestinali che rendono difficile l'assorbimento dei nutrienti, ma anche chi soffre di mestruazioni abbondanti o ha patologie croniche epatiche o renali.

Tra le terapie più diffuse per sanare l'anemia da carenza di ferro vi è la somministrazione di solfato ferroso, noto però per portare in alcuni soggetti a infiammazione generale all'apparato gastro-intestinali, con episodi di nausea, vomito, diarrea, dolori addominali e, se l'assunzione perdura, anche stitichezza. Ovviamente, questi disturbi fanno si che l'aderenza terapeutica sia, in questo caso, abbastanza bassa.

Un recente studio britannico, pubblicato open su Nutrients , propone di co-somministrare al ferro la curcumina biodisponibile, un potente antiossidante, per ridurne gli effetti collaterali sullo stomaco. Lo studio è stato condotto su 155 pazienti sani divisi in cinque differenti gruppi: il primo ha assunto ferro e un placebo per la curcumina, il secondo una bassa dose di ferro (18 mg) e curcumina placebo, il terzo una bassa dose di ferro e curcumina, il quarto una alta dose di ferro (65 mg) e curcumina placebo e l'ultimo una alta dose di ferro e curcumina. Il tutto per un periodo di 42 giorni.

I partecipanti hanno compilato un questionario all'inizio, al 21esimo giorno e una volta conclusa la sperimentazione per verificarne lo sviluppo di effetti collaterali al ferro. Inoltre, tutti sono stati sottoposti a esami del sangue per valutare molecole proprie dell'infiammazione, oltre ai livelli ematici di ferro. Ciò che hanno osservato gli autori è che nei soggetti che hanno assunto ferro e curcumina biodisponibile insieme vi è stata una riduzione dei valori ematici dei marker di infiammazione. Non solo, le analisi hanno anche assicurato che l'assunzione della curcumina non riduce l'assorbimento del ferro a livello intestinali e, quindi, non ha effetti negativi sulla terapia in sé. L'associazione deve essere studiata in modo più approfondito, ma sembra che la curcumina possa portare vantaggi ai pazienti che devono assumere il ferro per ristabilire l'anemia.

Fonte:

  • Tiekou Lorinczova, H.; Begum, G.; Temouri, L.; Renshaw, D.; Zariwala, M.G. "Co-Administration of Iron and Bioavailable Curcumin Reduces Levels of Systemic Markers of Inflammation and Oxidative Stress in a Placebo-Controlled Randomised Study". Nutrients 2022, 14, 712. https://doi.org/10.3390/nu14030712