È iraniana la revisione a ombrello incentrata sugli effetti degli omega-3 nel controllo della pressione alta. La ricerca è pubblicata su “Frontiers” ed è stata condotta dall'Università di Scienze Mediche di Tabriz e di Isfahan e dal dipartimento di Scienze e Tecnologie dell'Alimentazione dell'Islamic Azad University.

Come dimostrato da vari studi in letteratura, gli autori partono dal presupposto che gli omega-3 siano in grado di proteggere da alcune patologie cardiocircolatorie, in particolare riducono il rischio di incorrere in infarti e ictus, di morire di conseguenza precocemente, e abbassano i livelli di colesterolo e trigliceridi. Questi ultimi concorrono a formare la placca aterosclerotica e a indurire le tuniche delle arterie, di fatto favorendo la pressione alta. Certo, l'evidenza per ora è tutt'altro che certa, perché sin qui nessuna revisione ha confermato queste proprietà. Il team di studiosi ha quindi cercato in Pubmed, Scopus, Embase, Web of Science e Google Scholar studi incentrati sul ruolo degli omega-3 sull'ipertensione, appunto.

Dieci gli studi inseriti nella revisione

Alla fine ne sono stati individuati 10, tutti meta-analisi, condotti in Usa, Cina, Uk, Canada e Australia. Come spesso avviene in questi casi, i protocolli d’intervento utilizzati nei vari documenti sono differenti: in questo caso variano per quantità di omega-3 somministrata al giorni, compresa tra 2,2 e 6 g, e per durata, compresa tra 4 e 29 settimane.

In tutto i pazienti coinvolti sono 6.734, un buon campione per riuscire a ottenere qualche dato interessante. In effetti, gli autori evidenziano che l'integrazione con questi grassi essenziali consente di abbassare la pressione sistolica del cuore, con una media di −1,19 mmHg: un numero non così basso come potrebbe sembrare, se si conta che parrebbe che il rischio di incorrere in patologia cardiovascolare diminuisca del 2,5% ogni mmHg risparmiato.

Questo risultato sembra essere più accentuato in pazienti ipertesi e negli studi con un follow up minimo di 10 settimane.

Ancora manca un accordo sull’assunzione di grassi insaturi

Tuttavia, l'evidenza di questi risultati è modesta e non basta per elevare gli omega-3 a protettori del cuore. Tra gli esperti esiste ovviamente disaccordo rispetto all'importanza di assumente adeguate dosi di grassi essenziali polinsaturi in generale, quindi anche gli omega-6. Differente anche l'opinione rispetto all'uso d’integratori rispetto a un intake che derivi dall'alimentazione. Questi grassi devono essere assunti con l'alimentazione perché non possono essere sintetizzati dal corpo.

Si trovano in vari alimenti, ma se si pensa agli omega 3, conviene preferire: sgombro, salmone, fegato di merluzzo, aringhe, ostriche, sardine, acciughe, caviale, semi di lino, semi di chia, noci e soia. Soprattutto per quanto riguarda i pesci, si tratta di specie di bassa dimensione che, quindi, accumulano meno metilmercurio nelle proprie carni, il che le rende ancor più preferibili rispetto ad altre, come il tonno e lo squalo. Per quanto riguarda gli autori di questo studio, concludono suggerendo l'uso degli omega-3, soprattutto negli ipertesi, per tentare di ridurre la pressione sanguigna.

Studio: Musazadeh V, Kavyani Z, Naghshbandi B, Dehghan P, Vajdi M. The beneficial effects of omega-3 polyunsaturated fatty acids on controlling blood pressure: An umbrella meta-analysis. Front Nutr. 2022 Aug 18;9:985451. doi: 10.3389/fnut.2022.985451. PMID: 36061895; PMCID: PMC9435313.

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